mercoledì 21 maggio 2014

STORIE DI MITI: IL SIC

Non capita spesso di cambiare canale, di accendere la TV, magari anche solo per caso e … vedere così tanti capelli ricci uscire da un casco.
Beh, è capitato spesso, per anni. Tanti ricci che volavano al vento. In giro per il mondo. Scoprivi la faccia, guardavi bene, leggevi la carta d'identità e ti accorgevi che non erano solo ricci. Sotto c'era un ragazzo.
Uno dei ragazzi più semplici e leali della storia. Che quei suoi amatissimi ricci non se li sarebbe mai fatti tagliare. A nessun costo.
“Super Sic” questo era il nome che si sentiva più spesso. Quello che urlava il telecronista, quello che urlava Meda a ogni sua caduta, quello che urlavano in milioni ad ogni suo sorpasso.
Perchè se è vero che un pilota o un qualsiasi sportivo deve metterci la passione, Il Sic era il migliore di tutti. Perché forse quella grinta, quella passione furono ciò che lo fecero rimanere attaccato al gas fino alla fine.
Una storia poi una leggenda. Quella di un ragazzo romagnolo, spettinato e un po' folle. Perché l'importante era darci dentro.
L'avevano capito tutti che era speciale. L'avevamo capito tutti che era un gran pilota, capace di farti volare. Sognare.
A dodici chilometri dal 58 abita il 46.
Non sono numeri civici. Non sono targhe. Non è neanche il destino che fossero così vicini e poi così lontani. La storia del Sic è una storia d'amore. Una storia un po' particolare, una storia che è ricominciata con un segnale forte.
“Se vi è sembrato di conoscerlo a voi da casa, beh è proprio come vi sembrava. L'avete conosciuto”.
Di questa storia non posso raccontarvi la fine solo perché non c'è. Non posso raccontarvi la fine solo perché se Il Sic fosse qui, non vorrebbe che ve la raccontassi.

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