Non capita spesso di
cambiare canale, di accendere la TV, magari anche solo per caso e …
vedere così tanti capelli ricci uscire da un casco.
Beh, è capitato
spesso, per anni. Tanti ricci che volavano al vento. In giro per il
mondo. Scoprivi la faccia, guardavi bene, leggevi la carta d'identità
e ti accorgevi che non erano solo ricci. Sotto c'era un ragazzo.
Uno dei ragazzi più
semplici e leali della storia. Che quei suoi amatissimi ricci non se
li sarebbe mai fatti tagliare. A nessun costo.
“Super Sic”
questo era il nome che si sentiva più spesso. Quello che urlava il
telecronista, quello che urlava Meda a ogni sua caduta, quello che
urlavano in milioni ad ogni suo sorpasso.
Perchè se è vero
che un pilota o un qualsiasi sportivo deve metterci la passione, Il
Sic era il migliore di tutti. Perché forse quella grinta, quella
passione furono ciò che lo fecero rimanere attaccato al gas fino
alla fine.
Una storia poi una
leggenda. Quella di un ragazzo romagnolo, spettinato e un po' folle.
Perché l'importante era darci dentro.
L'avevano capito
tutti che era speciale. L'avevamo capito tutti che era un gran
pilota, capace di farti volare. Sognare.
A dodici chilometri
dal 58 abita il 46.
Non sono numeri
civici. Non sono targhe. Non è neanche il destino che fossero così
vicini e poi così lontani. La storia del Sic è una storia d'amore.
Una storia un po' particolare, una storia che è ricominciata con un
segnale forte.
“Se vi è sembrato
di conoscerlo a voi da casa, beh è proprio come vi sembrava. L'avete
conosciuto”.
Di questa storia non
posso raccontarvi la fine solo perché non c'è. Non posso
raccontarvi la fine solo perché se Il Sic fosse qui, non vorrebbe
che ve la raccontassi.
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