Scrivo questo
racconto, questa lettera, questa storia per tutti coloro che hanno
giocato, che giocano e che giocheranno a rugby.
Il rugby è uno
sport diverso da tutti gli altri.
Non dico che sia
migliore o peggiore. Il rugby è quello sport che ti permette di
concludere grandi azioni singolari e grandi mete di squadra.
Uno sport
considerato violento ma in realtà di una dolcezza incredibile. Ti
culla in un mare di emozioni meravigliose e poi di colpo, proprio
quando meno te lo aspetti ti schianta contro uno scoglio dal quale
però tu verrai via per continuare a nuotare.
Il rugby è uno
sport dove non importa come sei, importa chi sei.
Importa il fatto di
restare sempre sul pezzo, di avere la testa a posto e aperta, pronta
a reagire qualsiasi cosa succeda.
Passano i palloni e
passano gli anni, ma chi è stato grande non passa mai. Perché un
rugbista non muore mai. Viene ricordato nei segni dei suoi tacchetti
sul campo che se anche sono scomparsi alla vista loro ci sono. Rimane
il sangue delle ginocchia sull'erba fresca e la saliva contro la
terra secca.
Il rugby è uno
sport che ti allena alla vita, al combattere e alla fine ad uscirne a
testa alta. A farti male e a sentirti Dio.
Uno sport giocato da
donne e poi da uomini. Uno sport che deve continuare, che deve dare
un segnale forte, uno sport sotto al quale si possono concentrare i
sogni di nazioni intere, di città e di piccoli paesi.
Uno sport che non è
del tutto uno sport.
É più un qualcosa
per cui vivere. Questo è il rugby e perfino qualcosa di più che non
so come scrivere. Forse basterebbe dire:
“Vento tra i
capell a occhi chiusi nella notte scura”:
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