Era una mattina di
Maggio, camminavo per un piccolo vicolo di Roma mi sembra e sulla mia
destra un piccolo ristorante.
Era l'ora di pranzo
e non ci vedevo più dalla fame. Mia suocera mi stava completamente
assillando che voleva mangiare e che aveva fame. Mia moglie aveva già
speso cinquantamila euro in vestiti firmati e i miei figli, FU e TJ
si stavano picchiando a suon di sanpietrini che toglievano
dall'antica pavimentazione. Io provavo a parlare di pesca con mio suocero.
Insomma la domenica
perfetta, per eccellenza.
Entrammo tutti e sei
nel piccolo localino arredato con mobili rustici e pareti in legno.
“Un tavolo per
sei”.
“Certo, siete
proprio fortunati, è l'ultimo rimasto”.
Il locale era pieno
di gente che parlava e il cameriere con passo sicuro ci portò giù
per una rampa di scale.
Due muri in pietra
umida stringevano un tavolo anch'esso di pietra, cancellando i
capotavola.
Il ragazzo con il
grembiule e la camicia non ci lasciò neanche il tempo di provare a
lamentarci per il posto che salì al piano di sopra.
Eravamo tre di
fronte a tre, i miei piccoli stupidi continuavano a tirarsi della
roba e dovetti sequestrargli i coltelli.
Tornò solo dopo
dieci minuti un altro signore, alto coi baffi a prendere le
ordinazione.
“Pizza”.
Dico io per ultimo.
“Come la vuole
signore?”.
“La più buona che
avete”.
“Faremo del nostro
meglio signore”.
E si allontanò.
Passò circa una
mezz'oretta e mia moglie aveva già picchiato i marmocchi e discusso
con sua madre.
Il nonno giocava a
carte da solo in un appassionante solitario e io guardavo fisso la
punta delle mie scarpe con lo sguardo di uno che è condannato a
morte.
Le mani giunte come
se stessi dicendo il rosario.
Arrivano le portate:
I funghi all'aceto
per i miei figli.
Pomodorini cotti con
ketchup.
Tre pesci spada,
crudo, cotto e ben cotto per il nonno.
Una fettina di pane
con olio e sale per la nonna.
La mia pizza ancora
non si vede.
Aspetto che gli
altri abbiano finito e solo quando mio suocero mangia l'ultimo pezzo,
apre la porta il cameriere con la mia pizza.
Il posto faceva
schifo, la giornata faceva schifo ma finalmente una bella pizza.
“Ecco la
specialità della casa, ci scusiamo ma la pizza era finita e avevamo
avanzato qualcosa dal nostro fornitore, il barbone qui all'angolo”.
Lasciò il piatto
sul tavolo e uscì dalla stanza in una sonora risata.
Un piccione. Non
spennato. Non pulito. Ancora insanguinato era stato servito sopra un
piatto cosparso di lattuga andata a male e bucce di banane.
Il piccolo corpo
ancora con le interiora era stato riempito di mostarda.
“Allora non mangi
tesoro? Avevi così tanta fame”.
Salta su mia moglie.
Assaggio il primo
morso e provo a non vomitare.
Al secondo non
riesco ad evitare di espellere ciò che sto mangiando.
Al terzo credo di
essere morto.
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