Corsia quattro,
secondo scaffale sulla destra, quello dei surgelati.
Non dimenticherò
mai quel giorno del '78 quando io, povero cassiere incontrai quel
gigante.
“Dove sono i
calamari?”
chiese con tono gentile.
chiese con tono gentile.
Io, piccolo, smilzo
e con le braccia grosse come un suo dito risposi con una vocina che
non so come fece a sentire.
“Sono al quinto
scaffale signore”.
E se si arrabbia
… forse non vuole essere chiamato signore … panico!
Ciò
che mi frullava nella mia testa in quel momento.
“Grazie”.
Si
girò e davanti a me due spalle di dimensioni orbitali.
Chissà
cosa faceva per essere così grosso quello lì. Era più forte di me
il desiderio di sapere come faceva … presi un po' di coraggio, mi
tirai su i pantaloni, mi stirai la camicia con le mani, petto in
avanti e domandai.
“Scusi
signore cosa fa per essere così grosso?”.
L'uomo
con i capelli alle spalle e le spalle enormi, e il naso un po'
schiacciato, ma pur sempre un bel signore sulla quarantina, forse
allora ragazzo che metteva una tremenda paura a uno come me mi
spiegò.
“Io
gioco a rugby amico mio”.
“Quello
sport pericoloso in cui tutti si picchiano?”.
Allora
la sua fronte si aggrottò e il viso diventò più scuro, il tono di
voce alterato.
“No,
non è quello sport”.
Capì
dal tono che cercava di spiegarmi qualcosa.
Allora,
lui cominciò a parlare, ma io non ascoltai. Mi fermai a guardare
dentro i suoi occhi per capire cosa aveva visto.
Si
vedevano campi e persone con divise, sangue e terra, fango e pioggia,
saliva e tatuaggi, paradenti e bestie di uomini. Poi guardai ancora
un po' e vidi eroi e arcobaleni, fate e cavalieri, lealtà e
coraggio, piccoli uomini con piccole spalle, macchiati anch'essi di
sangue e di un amore infinito.
“...E
questo è!”.
concluse
deciso l'omone.
Non
passò molto tempo che io e lui ci rincontrammo su un grande prato,
che non ricordo come fosse messo. Ricordo solo che un uomo più basso
di me, più magro di me, mi portò la maglia numero undici. Ed ebbi
il privilegio di giocare, io, commesso, magro e basso, accanto a quel
gigante di due metri che mi strinse l'occhiolino.
Nessun commento:
Posta un commento