lunedì 24 novembre 2014

SOLDATI SENZA SCORZA

Piangevano. Credevano. Cadevano.
Pregavano. Dormivano. Parlavano.
Loro, affamati soldati di guerre inventate. Camminano arrabbiati con i cani al guinzaglio e odiano il sole e la pioggia loro vogliono il nero.
Mi ricordai quando mio nonno mi raccontava, di quello che io ero e che fui. Uomo insensibile capace di uccidere e poi di ridere.
Capace di vedere la morte e salutarla canticchiando qualche canzoncina allegra, sorridendo pure tra me e me.
Perdevo la paura e imbracciavo il fucile. Sparavo in lungo e in largo e uccidevo madri senza proiettili. Uccidevo donne senza colpirle.
Uccidevo fratelli senza averli salutati un ultima volta.
Poi venivo ucciso anche io e morivo. Non mi risvegliavo più e rimanevo giù, sprofondato nel mio abisso di pensieri inopportuni e sentendomi inadeguato al mondo di là fuori pregavo Dio che mi
facesse vedere la luce per uscire dal tormento che avevo dentro.
Per quanto facesse male era divertente pregare.
Dormivo nelle tende che la notte mi dava e accendevo il fuoco con il mio orgoglio.
Erano empi tremendi sotto il cielo di cenere e fiamme che ci cadevano in testa.
Ricordavo i tempi della pace e i suoni dell'acqua che coprivano le bombe un tempo lontane.
Quanto era brutto quel posto là. Era la guerra di noi che non ci capiamo niente. Era la guerra dei soldati senza pelle che piangevano leggendo una poesia.
Era la guerra di chi a volte sorrideva mentre dentro la morte si impossessava di lui senza risparmiarne nemmeno il cuore.

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