martedì 24 giugno 2014

BLACK JAZZ FREE ... DAVIS GREEN

Davis Green era alto, bianco, portava un paio di occhiali tondi e lavorava come avvocato.
Padre di tre figli e bravo marito.
Era la perfetta e classica famiglia americana, una di quelle famiglie modello. Avevano perfino il cane che non osava mai aprire la gamba per imbrattare la moquette rossa che si trovava sul pavimento.
Davis era un uomo acculturato e ben istruito, uno stipendio alto e un giardino ben curato.
Un vero e proprio uomo.
La moglie Jaline era francese e la sua pelle chiara coi capelli biondi ben pettinati e cotonati si intonavano a pennello con le pareti chiare della villetta in cui vivevano.
Nessuno però avrebbe mai detto che Avv. Davis Green suonasse meravigliosamente la batteria.
Davis Green era davvero il migliore di sempre a suonare la batteria.
Sedeva sul seggiolino ben vestito, con la giacca nera e la camicia bianca che sfilava meravigliosamente sui fianchi.
La cravatta al collo si muoveva poco ma quelle bacchette sui tamburi si muovevano eccome.
Era sempre composto. Non urlava e non si agitava mai neanche a suonare la batteria.
Mi ricordo la volta in cui il chitarrista si girò e gli mise in testa una fascia a stile Rambo.
Davis minacciò di lasciare il gruppo.
Alla fine rimase convinto da Billy che ti faceva sempre cambiare idea.
Davis Green era davvero sempre Green, sempre candido e pulito.

BLACK JAZZ FREE ... JEREMY COLLINS

Jeremy Collins era un nero di Philadelphia. Aveva circa venticinque anni e guidava una Ferrari rossa che diceva di aver comprato ad un asta per venti cinque dollari.
Era un matto la legare.
Fu arrestato due volte perché girava ubriaco e nudo sulle rotaie delle metropolitana.
Un ragazzo sulle quali giravano strane voci, si diceva che forse era nel giro …
peò un ragazzo semplice, capace di trasmetterti una gran voglia di vivere e di non andare mai a letto.
Jeremy suonava la tastiera. Diceva che gli aveva insegnato Mozart quando era piccolo e poi diceva che aveva aiutato a dipingere la Gioconda.
Insomma, era davvero fuori.
Però quando si trattava di suonare la tastiera lo faceva come un Dio, come qualcuno che è nato con quella roba in testa, con le note incise nel cervello.
Jeremy era rimasto orfano durante un incidente aereo dove lui era l'unico soppravvissuto. Uno dei tanti casi disperati che se non fosse per la musica, ma forse a salvarlo nopn bastava neanche quello, sarebbe già morto ammazzato.
Jeremy era davvero un folle.

lunedì 23 giugno 2014

BLACK JAZZ FREE... PETER CRY

Peter Cry era il manager dei Black Jazz Free.
Era un ragazzo bianco sulla trentina, non aveva una vera e propria casa e indossava sempre un cappello nero ed una lunga giacca di pelle che strisciava per terra.
Peter viveva in un centro assistenza poveri, una cosa del genere e la famiglia Baker l'aveva preso a vivere sotto la loro custodia.
Da lì cominciò la sua vita come manager, siccome Billy ne cercava uno.
Portava degli occhiali con un telaio di dimensioni sproporzionate e non riuscivi mai a vederlo senza una sigaretta in mano, fumava per lo stress e per la fretta. Fumava perché diceva che fumare lo faceva più intelligente e aveva più un aria da manager di una grande band.
Cry era il cognome falso, in realtà si chiamava Peter Baker, ma siccome una notte di primavera gli amici lo trovarono davanti alla tv a guardare film da quasi trenta due ore di fila, gli occhi piangevano senza finire e fu chiamato Cry.
Era un ragazzo che ci sapeva fare di brutto a gestire tutto e gli piaceva anche. Lui un posto dove suonare lo trovava sempre.
In più usava spesso per esprimersi frasi che gli saltavano in mente. Frasi con una dolce dose di poesia e di amarezza.

BLACK JAZZ FREE ... GARY WILSON

Gary Wilson era il secondo componente in ordine sparso della Black Jazz Free Band.
Gary era il più giovane, aveva sui diciannove anni.
Era un ragazzo bianco che viveva in una casa normale con una famiglia normale e aveva una vita normale.
La madre aveva un passato da rock star e il padre, bravo uomo, tutto composto faceva il medico nell'ospedale pubblico del paese.
Gary aveva dei lunghi capelli biondi ossigenati e le sopracciglia nere. Indossava sempre e dico ogni santo giorno dei jeans aderenti e una camicia bianca, che ogni tanto fuori da qualche pub imbrattava di sangue.
Il fratello era laureato in una delle più prestigiose università americane. Le sorelle, dodici e venti tre anni erano segretaria e futura pilota di formula uno.
Gary non era del tutto nelle righe. Il dottore diceva che aveva una malattia particolare, che ogni tanto, preso dal nervoso aveva degli impulsi di rabbia. Purtroppo gli impulsi che aveva erano di tipo assassino e ogni tanto gli scappava la mano e per due o tre giorni giocava con uno yoyo dietro le sbarre.
Gary sapeva fare una sola cosa nella vita, perché davvero non sapeva fare altro, suonare la chitarra.
Il fatto è che come la suonava lui, quella diavolo di chitarra non la suonava nessuno. La madre lo incitava da un po' ad entrare in una band e alla fine, il suo desiderio per il figlio si avverò.
“Che dici Peter (manager) lo prendiamo dentro?”
“No. Non lo prendiamo dentro se mi riesci a dare tre buoni motivi per non farlo”.
In realtà di motivi buoni per non prenderlo dentro ne esistevano tanti ma a Peter Cry piaceva usare queste frasi per enfatizzare il tutto.

domenica 22 giugno 2014

BLACK JAZZ FREE ... BILLY

“Billy!”
“Eccomi!” e strizzava l'occhio.
Batteva le mani grandi e gli scappava una risata.
Muoveva il corpo come per ballare e poi si sedeva a tavola.
Billy era un gigante d'uomo senza un pelo sulla faccia. Un signore sulla cinquantina, afroamericano che ogni tanto, nelle occasioni importanti si accendeva un sigaro.
Una di quelle persone con cui parlavi delle intere serate di sport e di basket, che secondo lui era più che uno sport, e una di quelle persone con cui parlavi intere serate di musica.
Se non ne parlavi te la faceva sentire, si perché ogni tanto nelle serate d'estate tirava fuori il suo sax e con la faccia un po' arrossata dal vino e dalle battute si metteva a suonare. Lì diventava serio però, ma lo vedevi dall'espressione delle mani e da quelle degli occhi che si divertiva a suonare.
Per suonare si metteva sempre la sua giacca di camoscio fresca di lavanderia.
Finito di suonare rideva e ti batteva il cinque.
Ogni tanto veniva addirittura chiamato a suonare nelle feste della città e lì con la sua band, tutto elegante profumato di colonia, lì faceva impazzire tutti.
Tra un assolo e l'altro raccontava una barzelletta e tra un pensiero che passava e una vita che finiva si beveva un bicchiere alzando la mano finché Dio lo permetteva per poi riabbassare il bicchiere e far sbattere leggermente il cristallo contro i denti.
Non gli interessavano i soldi e neanche il successo. Ciò che gli fregava nella vita era suonare del Jazz con i Black Jazz Free.