Girurdè Rossi
correva per amore. Lui amava follemente il mondo delle catene, delle
gomme, dei cambi e dell'olio. Qualsiasi cosa con cui andare forte la
amava. A partire dalle moto grosse a finire ai tricicli per i
bambini. Così un giorno, non potendo permettersi le gare in
moto o una bici da corsa la bici la costruì.
Raccolse tutti i
pezzi di ferro e i tubi che trovava per il cortile e per la città.
Arrivò a scavare otto buche di una ventina di metri di profondità.
Una volta trovati rubò il saldatore a suo padre e cominciò a
mettere su i pezzi, più o meno come si ricordava. Aveva creato un
catorcio di telaio da far paura. Davvero uno schifo. A lui piaceva
però e di sicuro nessuno poteva dire niente a un bimbo di otto anni.
Per le gomme aveva
intrecciato della corteccia di alberi, le gomme forate di una bici
buona sarebbero state di lusso. La sella … beh per quella venne
aiutato dal gatto del vicino. O meglio, per farla usò il gatto del
vicino, anche se il nonno gli aveva detto che non era poi una grande
idea. Ma a un bimbo di otto anni che gli vuoi dire.
I pedali, quelli
erano lusso puro. Vecchi pedali di una bici carbonizzata in
discarica. Infine come catena prese quella che aveva tolto dal collo
del cane, che era scappato e successivamente stato ritrovato in stato
confusionale.
La bici era pronta
per partire. Un ammasso di lamiere e legno che non avrebbe mai potuto
fare mezzo metro … era quello che credevano tutti. Cappellino
all'indietro. Tutto il paese a osservare Giru e lui che veniva giù
come un folle dalla discesa del centro. Il piccolo però dimenticò
di mettere i freni. Partì via e non si vide più per anni. Finché
un giorno, tutti a guardare il giro d'Italia, sul gradino più alto,
dopo l'ultima tappa riconobbero un volto famigliare.