Mi chiamo Lo'e.
Ho sempre vissuto a
casa con mia madre.
Mio padre è morto
quando avevo solo undici anni.
Ragazzo irriverente,
impertinente, non capito dalla gente.
Ho amato la campagna
finché non mi ha ucciso la sua solitudine, quella dei campi e delle
sere in cui mi trovavo nudo in mezzo al vento che soffiava forte.
I miei occhi sempre
felici ma in realtà senza emozioni vere, guardano il cielo che non
mi aiuta.
Tesso le tele e amo
l'amore che provo.
Ho paura della morte
quando arriverà ma se busserà, aprirò e la inviterò nel salotto
per un tè.
Poco amato forse,
non cerco gloria ma solo un po' di folle tenerezza.
Ho paura della mia
vita, voglio che resti con me per sempre, che non scappi.
Poco vivo forse,
tengo soltanto a qualche sorriso e qualche carezza ricevuta.
Ho soltanto sperato
tanto che qualcosa Dio mi desse oltre il grano e la guerra che in
pace non sarò mai. Il mio lavoro è il mio denaro e la carne che
indosso come un costume.
Il mio cane se ne è
infischiato se piangevo per lui e non ha più abbaiato.
Pioggia e sole sono
i miei creatori e i genitori che mi vengono a trovare tutti i giorni.
Non ho orgoglio e
non credo di poter pensare ad una vita sola.
Vorrei non aver
paura della felicità e della tristezza.
Vorrei essere sereno
com'ero ieri e non agitato come quando oggi mi hai sfiorato.
Vorrei guardare le
rondini in cielo senza avere dubbi sulla mia esistenza.
Ho paura di soffrire
quando le stelle cadono e ho paura di morire quando la luna non c'è.
Ogni sera mi stendo
nei campi e osservo il giallo scuro delle spighe nella notte e l'erba
alta, blu, come lo sfondo di quel meraviglioso quadro.
Le cavallette e le
lucciole saltano e volano su di me. Io resto fermo e le aspetto tutte
le volte.
Poi ogni tanto
sussurro qualche verso che ho imparato.
Sono sempre solo nel
prato, mi piacerebbe che qualcuno mi venisse a trovare qualche volta
ma sono tutti troppo impegnati nelle loro vicende sporche e ignobili
come i soldi e la droga.
Vogliono arricchirsi
di gambe e di bottiglie, di cattiveria e di violenza quando si
potrebbe stare tutti in pace e avere lo stesso senza bisogno di
sparare. Provo un profondo odio e piango e le lacrime scendono dure
sul mio volto senza espressione, sfinito dalla crudeltà mia, che ora
mi sale dentro e non esce più finché non urlo, ogni sera, un grande
urlo che fa alzare le rondini e i passeri e mi riesce a rendere un
po' diverso. Senza odio ma solo paure. Senza credo ma solo pianti,
senza sorrisi ma solo amore, senza calci ma solo carezze, senza pelle
ma solo ossa, senza uomini buoni intorno a me.
Rinchiuso nel mondo
in cui volevano gli assassini che rimanessi, resto in silenzio perché
non posso parlare, ma mi mostro al mondo come l'uomo che può urlare