mercoledì 15 luglio 2015

IL CALABRONE

In una calda giornata, in cui il sole accendeva i barbecue e fondeva le teste, in un grande prato un calabrone volava a trenta centimetri da terra, in direzione del sole.
Volava aiutato da una fresca brezza proveniente dal mare, una brezza capace di muovere le cime degli alberi alti e affusolati, che padroneggiavano sulla distesa di erba alta e tulipani.
Il calabrone ronzava forte, senza infastidire nessuno. Era solo nell'aria di quel prato e poteva sbattere le ali più velocemente di come pensava.
Nuotava a suo modo, felice nell'aria e il cielo con qualche nuvola lontana, portata dal vento, si oscurava man mano.
Dove c'era l'azzurro ci perdevi i sensi e la testa cominciava a girare.
Dove c'era il grigio, sentivi l'odore della terra bagnata.
Il calabrone era viola, nero, blu, con il sole si notavano riflessi e colori nuovi agli occhi.
Intanto l'odore così dolce e forte della terra bagnata, si alzava nell'aria e il calabrone lo sentì.
Certe cose i calabroni le sentono.
Se ascoltavi bene, le formiche cominciavano a correre nei loro formicai mentre il sole veniva coperto ma non perché aveva freddo.
Le api scappavano veloci dalla pioggia e le farfalle finivano le ultime danze tra i fiori.
Gli scoiattoli si sentivano parlare sopra gli alberi e gli uccelli piano piano volare più bassi e smettere di cantare.
Le gocce ruppero l'azzurro e caddero forti a bagnare l'erba e le ali del calabrone, che rimase a terra per pochi istanti.
La pioggia insistette e il sole spuntava appena da un angolino.
Il calabrone zuppo smise di volare.
Ma il sole era ancora lontano, lo doveva raggiungere, non poteva fermarsi.
Così guardò la pioggia e gli chiese di smettere.
Lei accettò dopo un po' di contrattazione e il calabrone riprese il suo viaggio fino al sole, tra gli squittii, i nuovi ronzar e il cinguettare di piccoli passerotti.
Certi becchi non si danno per caso. Si danno perché ti hanno impedito di andare dove volevi.
Tipo sul sole.

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