mercoledì 6 maggio 2015

RELAZIONE MUSCOLOSA



Verso l'una di di notte, con lo sguardo stanco e il passo lento, i piedi che strisciano e l'alito di menta, lui cammina verso la cucina.
Mentre il mondo fuori è spento.
L'estate non è così lontana come sembra.
Un bicchiere d'acqua fresca, un sospiro e uno sguardo neutro su un muro bianco.
Come se fosse un cavaliere incaricato di salvare il mondo, lui riposa il bicchiere con una strana precisione nello stesso punto di prima.
Il tempo scorre sull'orologio grande appeso nella sala come fosse un trofeo di caccia.
Il pavimento di legno scuro, illuminato da una lampada rossa, fa comparire ombre mai viste.
Sul divano due pezzi di pizza alla cipolla freddi e un anello dimenticato per la frenesia.
Due ore di piccole coccole e qualche parola sussurrata al gatto nero che dorme.
Verso le tre di notte, lei si alza dal letto, scoprendo le gambe bianche e a piccoli passi si avvicina verso la sala, a finire la pizza e ricordarsi dell'anello. Ha i capelli spettinati e la maglia stropicciata.
Un morso e un bicchiere di vino rosso avanzato almeno da Natale.
Non c'è una parola che voli, nemmeno un gemito, un accenno col capo.
Tutto è silenzio.
L'inverno non è poi così vicino.
La struttura di un articolo di giornale fa quasi ridere, e lei ride. Come se sapesse fare tutto.
Lui ha sulle guance del lucidalabbra appiccicoso e il gatto fa le fusa.
Lei ha sulle braccia un odore di dopobarba che non è per niente male.
I denti bianchi affondano poco elegantemente nel pomodoro e nella mozzarella.
Non è proprio educata, si è perfino macchiata lei.
Lui ha imparato a mangiare ma è sempre gobbo con la schiena, un vizio che non riesce a togliersi.
Più che un vizio, un grave errore di postura.
Le sue labbra, di lui, sono tagliate dalle gomitate e da qualche pugno che forse non era necessario per comprendere.
Le spalle di lei sono ricurve in su, come una continua risposta scontata che dice: ovvio.
I due ancora non si parlano.
Lui con il respiro profondo e la posa da orso.
Lei con il passo leggero e il modo di comportarsi come quello di un uomo.
Non si chiamano nemmeno “Amore”. Si chiamano per nome. Il divano macchiato di sugo e l'anello infilato al dito.
Tutti e due si alzano e vanno a dormire.
“Scusa te! Dove vai?”
“A dormire. Vieni con me.”
Con i muscoli contratti e le ossa fragili abbastanza da rompersi in continuazione, i due andarono nel letto, su un materasso bianco, con la finestra aperta chiusero gli occhi per una notte che di amore non aveva visto niente, ma che di loro aveva visto tutto.