lunedì 5 ottobre 2015

SQUALLORE NERO

Ogni sera sul pianerottolo al terzo piano, del numero 35 c'era puzza di fumo e profumo di ragù.
Le piante vecchie bevevano una volta ogni cinque giorni e sgocciolavano in un sottovaso rotto.
Le pareti avevano perso un pochino di intonaco e la luce lampeggiava, a tratti andava, a tratti ti lasciava completamente nel buio.
Dietro alla porta di legno senza graffi, quella sulla destra quando salivi dalle scale, viveva un uomo sulla trentina con la barba folta e i capelli curatissimi. Aveva due o tre denti storti e ingialliti ma non erano quelli a renderlo così brutto.
A renderlo brutto erano le sue azioni e i suoi pensieri, che lo rendevano talvolta sempre più strano.
A momenti si odiava e sapeva di aver fatto qualcosa terribile e a momenti era come se fosse stato vittima di qualche cosa.
Si sarebbe sempre ricordato di una sera ...
La casa era in disordine e lui stava a badare una vecchia signora, si diceva potesse essere la nonna.
In realtà l'aveva badata fino alle ventitré e dodici di quella sera.
Ed era di questo che si sentiva in colpa.
Aveva bevuto fino allo sfacelo e tornato in casa aveva colpito la povera signora con una bottiglia di vetro vuota, sulla testa. Uccidendola.
Si era piantato in vena un altra siringa e aveva cominciato a sbavare sul tappeto.
Tre ragazze e un suo amico erano ribaltati in bagno, uno in coma e due nella vasca annegate.
La terza delle ragazze era con un bisturi nella pancia e il sangue sulle piastrelle decorate.
Ma non era morta.  Era ancora viva e rideva.
Mischiava il sangue alla birra.
Ormai erano passati due anni da quella sera maledetta.
L'uomo era ancora sveglio la notte ma di giorno non provava rimorsi per nulla.
Del resto è proprio la luce che nasconde gli incubi.
Nel pianerottolo al terzo piano del palazzo numero 35, la lampadina si spegneva lasciandoti al buio.

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