Ogni sera sul pianerottolo al terzo piano, del numero 35 c'era puzza di fumo e profumo di ragù.
Le piante vecchie bevevano una volta ogni cinque giorni e sgocciolavano in un sottovaso rotto.
Le pareti avevano perso un pochino di intonaco e la luce lampeggiava, a tratti andava, a tratti ti lasciava completamente nel buio.
Dietro alla porta di legno senza graffi, quella sulla destra quando salivi dalle scale, viveva un uomo sulla trentina con la barba folta e i capelli curatissimi. Aveva due o tre denti storti e ingialliti ma non erano quelli a renderlo così brutto.
A renderlo brutto erano le sue azioni e i suoi pensieri, che lo rendevano talvolta sempre più strano.
A momenti si odiava e sapeva di aver fatto qualcosa terribile e a momenti era come se fosse stato vittima di qualche cosa.
Si sarebbe sempre ricordato di una sera ...
La casa era in disordine e lui stava a badare una vecchia signora, si diceva potesse essere la nonna.
In realtà l'aveva badata fino alle ventitré e dodici di quella sera.
Ed era di questo che si sentiva in colpa.
Aveva bevuto fino allo sfacelo e tornato in casa aveva colpito la povera signora con una bottiglia di vetro vuota, sulla testa. Uccidendola.
Si era piantato in vena un altra siringa e aveva cominciato a sbavare sul tappeto.
Tre ragazze e un suo amico erano ribaltati in bagno, uno in coma e due nella vasca annegate.
La terza delle ragazze era con un bisturi nella pancia e il sangue sulle piastrelle decorate.
Ma non era morta. Era ancora viva e rideva.
Mischiava il sangue alla birra.
Ormai erano passati due anni da quella sera maledetta.
L'uomo era ancora sveglio la notte ma di giorno non provava rimorsi per nulla.
Del resto è proprio la luce che nasconde gli incubi.
Nel pianerottolo al terzo piano del palazzo numero 35, la lampadina si spegneva lasciandoti al buio.
Le piante vecchie bevevano una volta ogni cinque giorni e sgocciolavano in un sottovaso rotto.
Le pareti avevano perso un pochino di intonaco e la luce lampeggiava, a tratti andava, a tratti ti lasciava completamente nel buio.
Dietro alla porta di legno senza graffi, quella sulla destra quando salivi dalle scale, viveva un uomo sulla trentina con la barba folta e i capelli curatissimi. Aveva due o tre denti storti e ingialliti ma non erano quelli a renderlo così brutto.
A renderlo brutto erano le sue azioni e i suoi pensieri, che lo rendevano talvolta sempre più strano.
A momenti si odiava e sapeva di aver fatto qualcosa terribile e a momenti era come se fosse stato vittima di qualche cosa.
Si sarebbe sempre ricordato di una sera ...
La casa era in disordine e lui stava a badare una vecchia signora, si diceva potesse essere la nonna.
In realtà l'aveva badata fino alle ventitré e dodici di quella sera.
Ed era di questo che si sentiva in colpa.
Aveva bevuto fino allo sfacelo e tornato in casa aveva colpito la povera signora con una bottiglia di vetro vuota, sulla testa. Uccidendola.
Si era piantato in vena un altra siringa e aveva cominciato a sbavare sul tappeto.
Tre ragazze e un suo amico erano ribaltati in bagno, uno in coma e due nella vasca annegate.
La terza delle ragazze era con un bisturi nella pancia e il sangue sulle piastrelle decorate.
Ma non era morta. Era ancora viva e rideva.
Mischiava il sangue alla birra.
Ormai erano passati due anni da quella sera maledetta.
L'uomo era ancora sveglio la notte ma di giorno non provava rimorsi per nulla.
Del resto è proprio la luce che nasconde gli incubi.
Nel pianerottolo al terzo piano del palazzo numero 35, la lampadina si spegneva lasciandoti al buio.
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