mercoledì 6 febbraio 2019

Risposta a E.H.

Era la prima volta che uccidevo un uomo.
Non c’era nulla di grande o bello nel vederlo morire se non il pensiero di essere ancora vivi.
Ero talmente stanco e sofferente che avrei voluto essere morto anch’io.
Sanguinavo dalla schiena. Le gambe mi tremavano. Stavo perdendo lucidità.
Era la prima volta che uccidevo un uomo.
Non sarei mai uscito vivo in ogni caso.
Sentii delle voci alle mie spalle.
“Cosa facciamo?”.
“Lo uccidiamo”.
Sapevo di non poter vivere ancora molto.
Vidi alcuni uomini cercare di allontanarmi e recuperare velocemente il corpo insabbiato e sanguinante del
mio avversario.
Era rovesciato e sbudellato.
Il sangue lo ricopriva insieme alla sabbia che gli si era appiccicata al sudore.
Era un tutt’uno con la terra.
I suoi vestiti così eleganti erano strappati e sporchi.
Mi guardavo intorno, cercando di non fermarmi.
Correvo lentamente per distendere i nervi e guadagnare tempo.
Attorno a me sentivo delle voci gridanti, degli insulti, delle urla.
Era la prima volta che uccidevo un uomo ma non ero soddisfatto; sarei morto comunque.
Non c’era nulla di eroico nell’uccidere un essere così piccolo.
Il caldo mi stava facendo sudare e il dolore alla schiena cresceva.
Andai a sbattere contro una parete di legno e crollai al suolo.
Sentii delle grida di gioia.
Non riuscivo più a muovermi nonostante il goffo tentativo di alzarmi con le gambe anteriori.
Sbuffai.
I miei tentativi furono vanificati dall’arrivo di tre uomini.
Uno sbandierava ancora una coperta. Non so perché lo facesse. Forse lo faceva per non far vedere quanto soffrivo.
Gli altri due parlarono con lui.
“Taglio?”.
“Vai”.
“Aspetta”.
Sentivo il corpo distante. Il cuore accelerava. La vista era totalmente velata.
“Che aspetto?”
“Aspetta che soffra ancora, non vedi come piace alla folla?”.
“Sarebbe ingiusto”.
“Ha ucciso el mejor”.
“Hai ragione”.
I tre uomini si allontanarono da me. Vennero altri due e mi legarono le gambe.
Mi trascinarono al centro de la plaza e mi lasciarono lì, legato e sanguinante.
Un uomo piantò un altro spadino sulla mia spalla.
Non sentii dolore.
Cominciai a vomitare poi a sputare sangue.
Sentivo che qualcuno si divertiva.
Parlò ancora l’uomo che voleva tagliarmi la gola.
“Lo ammazzo ora?”.
“Lascialo lì. Abbiamo deciso di lasciarlo lì tutta la notte e domani mattina sarà muerto”.
“Ma perché? La folla è già contenta. Possiamo matarlo senza problemi”.
“Non lo facciamo per la folla. Lo facciamo per noi. Ha ucciso el mejor”.
“Hai ragione”.
Mi lasciarono lì e io continuai a vivere fino a tardi.
Sputavo sangue ma aveva smesso di sgorgare dalla mia schiena.
La sabbia puzzava e le mosche mi infastidivano.
Mosche ovunque.
Avrei voluto bere dell’acqua.
Ero assetato.
La mattina dopo quando alcuni uomini tornarono nell’arena, mi trovarono morto.
“Abbiamo fatto bene?”.
“Giusto così, era el mejor”.
“Se fosse stato el mejor non si sarebbe fatto ammazzare”.
“Hai ragione”.