Mentre il treno fingeva di
arrivare,
con la sigaretta fatta di
carta di giornale fra le dita,
io sedevo con la carta che
s'illumina e scrivevo una storiella su una ragazza fin troppo bella.
Avevo la sensazione che il
treno non si sarebbe più fermato in quella stazione.
Il conducente non avrebbe
avuto il coraggio e non avrebbe frenato.
Io me ne sarei stato sulla
panchina ancora per molto.
Mi sento ora, che so che di
certezze certe non c'è traccia in questa esistenza,
spoglio della pelle di sogni
che mi ero fatto.
Mi sento ora,
con lo sguardo più vuoto, non
provo piacere nell'intimo gesto di rimanere da solo,
mesto.
Appoggio ai miei pensieri, un
ricordo dolciastro che mi tocca la mente e mi cade per terra.
Non è sangue quello che
goccia anche se vicino a me ho una rivoltella.
Non è amore quello che provo,
ma semplice piacere della
mente persa.
Così mi allontano nel mare,
nuotando ad ampie bracciate e provo il dolore di una medusa di cui
m'ero dimenticato.
Non facciamo più niente,
rimaniamo qui fermi, assaggiamo il pane di tutta la gente.
E le vedi le facce e riconosci
gli sguardi di quelli veri e di quelli bugiardi.
Vorrei stare a capire, in aula
gigante, il mondo e la fisica
di questa parola che corre
sola e sporca la pagina.
E le vedi le donne, un giorno
avranno tutte le gonne.
E la vedi la guerra, che non
dichiarata arriva vicino
e ti squarta la pancia.
Si vedono i cannoni,
i giudici corrotti e lo stato
fasullo,
che circonda i colpevoli di
rose profumate.
Lo vedi il dolore del signore
comune, che paga le tasse e muore di fame.
Lo vedi il mare che è più
lontano e io non ci nuoto,
altrimenti mi pungono ancora.
Mi sento ora, con la faccia
felice, mentre poi guardo la gente che uccide,
mi sento ora bambino viziato.
Bestie di uomini e uomini
bestie, il mondo è ammalato e sarà un paziente difficile.
La speranza che nasce e quella
che muore, noi
siamo come il tempo che toglie
la noia, cancella il dolore,
ma porta per forza delle nuove
ore.