Certo che quando la
notte ti sdrai a guardare il cielo, ti accorgi che le stelle sono
davvero tante. Per quello ti piace, ti senti un Dio. Ormai i nostri
miti erano svaniti, non c'erano più e questo ci faceva cadere
qualche lacrima dal viso, sporco di polvere e di carbone, che nelle
sere di settembre usavamo per accendere il fuoco. Pure il giradischi
si era rotto, non sapevamo più ascoltare. Quella notte stavamo
giocando a carte. Ogni tanto qualcuno tossiva, ma non una, non una
parola. Le avevamo finite. Non sapevamo più neanche parlare.
L'ambiente era calmo e tranquillo, nel cortile si stava bene, i gufi
accompagnavano i grilli, ma nessuno la luna. Pietro era appena
tornato, era andato a comprare della tinta bionda, proprio come il
suo colore naturale, ogni tanto la dava sui gatti che passavano e
ogni tanto sulle sua sopracciglia. Richi cadde dalla seggiola, ma
niente, neanche un sorriso o una risata. Continuavamo a giocare con i
nostri re e le nostre regine, coloro che ormai per noi non c'erano
più. Non ci importava più essere ricchi, ormai eravamo vuoti
dentro. Ma son proprio quelle le notti in cui se senti abbaiare devi
tacere ed ascoltare, e noi decidemmo di farlo. I cani della città ci
parlavano , ci raccontavano la loro vita, noi capimmo che qualcuno
canticchiava, qualcosa che forse c'era appartenuto. Ma non era un
caso, non era un caso che in quella notte la luna diventò più
grande e più bianca. Eravamo tornati ad ascoltare.
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