giovedì 24 ottobre 2013

PARLANDO COI CANI

Certo che quando la notte ti sdrai a guardare il cielo, ti accorgi che le stelle sono davvero tante. Per quello ti piace, ti senti un Dio. Ormai i nostri miti erano svaniti, non c'erano più e questo ci faceva cadere qualche lacrima dal viso, sporco di polvere e di carbone, che nelle sere di settembre usavamo per accendere il fuoco. Pure il giradischi si era rotto, non sapevamo più ascoltare. Quella notte stavamo giocando a carte. Ogni tanto qualcuno tossiva, ma non una, non una parola. Le avevamo finite. Non sapevamo più neanche parlare. L'ambiente era calmo e tranquillo, nel cortile si stava bene, i gufi accompagnavano i grilli, ma nessuno la luna. Pietro era appena tornato, era andato a comprare della tinta bionda, proprio come il suo colore naturale, ogni tanto la dava sui gatti che passavano e ogni tanto sulle sua sopracciglia. Richi cadde dalla seggiola, ma niente, neanche un sorriso o una risata. Continuavamo a giocare con i nostri re e le nostre regine, coloro che ormai per noi non c'erano più. Non ci importava più essere ricchi, ormai eravamo vuoti dentro. Ma son proprio quelle le notti in cui se senti abbaiare devi tacere ed ascoltare, e noi decidemmo di farlo. I cani della città ci parlavano , ci raccontavano la loro vita, noi capimmo che qualcuno canticchiava, qualcosa che forse c'era appartenuto. Ma non era un caso, non era un caso che in quella notte la luna diventò più grande e più bianca. Eravamo tornati ad ascoltare.

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