Una nocciolina
proveniente dal supermercato sotto casa, riposava comodamente su un
piatto di ceramica.
Era stata comprata
insieme alle sue sorelle circa tre ore fa.
Prima la sua casa
era un comodo sacchetto bianco di carta, ora possedeva solo un letto.
Aveva freddo quella
sera la piccola nocciolina senza maglione né cappotto.
Il caffè che fumava
nella tazza accanto era per lei una grande ciminiera di una fabbrica.
La tovaglia a
quadretti blu e bianchi era una bellissima tappezzeria e qua e là,
si trovava qualche grossa montagna di pane e colline di torta.
La nocciolina non
sembrava stupita di tutto quello che gli accadeva intorno, era sempre
lì e lì, per lei sarebbe sempre rimasta.
Sua madre, brava e
buona, una nocciolina proprio da mangiare, suo padre era un
gigantesco nocciolo nella campagna e suo fratello, ancora piccolo era
solo un capriccioso, in lui niente di buono a parte la speranza.
La nocciolina era
immersa nei suoi profondi pensieri quando arrivò l'innominabile.
La prese, la tenette
fra l'indice e il pollice, poi la schiaccio con tutta la forza che
aveva, distruggendogli la pelle e lasciando solo muscoli e ossa.
“Che pelle dura”.
Pensò tra sé
l'individuo.
La poggiò sulla
lingua bagnata, chiuse le sbarre e la nocciolina, divisa in tanti
pezzi, scivolò giù per la gola dell'individuo che provò uno strano
senso di piacere.
Scomparirono i suoi
pensieri, le sue paure e i suoi ricordi. La piccola nocciolina, così
fragile e carina non c'era più. Lei era andata giù.
Chissà cosa aveva
pensato.
Chissà se le
noccioline pensano.
Ma io sono una
nocciolina? Perché no. Stessa materia in fondo. Siamo tutti della
stessa materia. Io, come lei forse, siamo fatti di illusioni e di
pensieri. Superficiali e profondi son pur sempre pensieri, sta a noi
decidere come vogliamo che siano. Spesso sono anche deliranti. La
nocciolina ormai giaceva nell'oscurità e nel buio più profondo
senza più capirci niente, perché poverina la sua forma non era più
quella di un tondo.
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