sabato 1 agosto 2015

STRANEZZE VACANZIERE

Sono seduto in un tavolo al vento, sotto una veranda che da sul mare.
I pini marittimi sono pieni di cicale che cantano da quando il sole è sorto e poi si è fatto coprire dalle nuvole.
Il vento tira forte e gli oleandri sono belli da guardare, con dei grandi fiori bianchi e rosa e quel pericolo sulle foglie.
Il vento fa muovere forti le onde che sbattono contro la sabbia e sono la base sulla quale cantano le cicale.
Per la sera è uscito il sole, come a dire che c’è sempre stato, come a dire che domani poi, dobbiamo starcene tranquilli che torna.
I teli bagnati di una giornata al mare si asciugano sullo stendino e mia madre ha i capelli neri bagnati dalla doccia.
Mio padre fischia sul letto e il mio amico ascolta musica.
Io scrivo. Nel vento mi piace un sacco scrivere. Dà un aria malinconica alle parole.
Ho riconosciuto, voce del verbo “Conoscere meglio” persone bellissime: una che parla con una strana “C” e tre che parlano con un accento straniero.
Il sole fa si che le nuvole diventino rosa.
Siamo pronti per uscire a mangiare ed io era tanto che non scrivevo. Mi mancava il naturale gesto di inventarmi qualcosa, così ho  narrato quello che succede.
Narrato, perché le vite di ognuno sono una favola e anche se questa non lo è, se una cosa lo è dentro ma non lo è fuori, se è una storia, composta da gente che ha una favola di vita, loro diventano persone favolose e questa diventa una favola.
È la cosa dentro la cosa, qualcosa che diventa la cosa che ha dentro, se quest’ultima è meravigliosa.
Una specie di legge del bello. Brutto per bello, bello.
Una favola è la massima forma di splendore e quindi …
Io ho fame.

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